Paul Verlaine | Languore
Languore è una delle poesie di Paul Verlaine (1844-1896), probabilmente il più raffinato dei maledetti francesi. Parliamo di una lirica famosissima, che ha influenzato tutta la cultura occidentale, tanto che secondo alcuni se ne possono trovare echi perfino in canzoni come The end dei Doors.
Questo breve componimento – tratto dalla raccolta Cose lontane, cose recenti (1884) – è uno degli esempi più noti di poesia del decadentismo, movimento artistico e letterario sviluppatosi in Europa a partire dalla seconda metà dell’Ottocento fino agli inizi del Novecento, che si contrapponeva alla razionalità del positivismo scientifico e del naturalismo.
In Languore Verlaine associa il proprio stato d’animo alla decadenza dell’impero romano e dichiara di comporre – indolente e annoiato – futili poesie (acrostici, cioè componimenti in cui le prime lettere di ogni verso, lette per ordine, danno un nome o altre parole determinate) mentre altrove i grandi barbari fanno la storia, di cui il poeta è soltanto uno spettatore passivo e poco interessato. Si determina così la morte della poesia nel suo ruolo classico – morale e sociale – trasformandola in un puro esercizio estetico.
Ma se esercizio estetico è, e non ne siamo certi, il risultato è comunque di grande impatto scenico. Pubblòichiamo la poesia nella traduzione del giornalista e poeta Andrea Tortelli.
Languore
Io sono l’Impero alla fine della decadenza,
Che guarda passare i grandi Barbari bianchi
Mentre compone indolenti acrostici aurei
In cui danza il languore del sole.
L’anima solitaria soffre d’un denso tedio,
Laggiù, si dice, stanno battaglie lunghe e cruente.
Oh, non potervi, così debole nelle mie lente voglie,
Oh, non volervi fiorire un po’ quest’esistenza!
Oh, non volervi, non potervi un po’ morire!
Ah, tutto è bevuto! Bathylle, hai finito di ridere?
Ah, tutto è bevuto, tutto mangiato! Più niente da dire!
Solo, una poesia un po’ sciocca da gettare nel fuoco,
Solo, uno schiavo un po’ frivolo che vi trascura,
Solo, una noia di chissà cosa che vi affligge!
(traduzione di Andrea Tortelli)
Langueur
Je suis l’Empire à la fin de la décadence,
Qui regarde passer les grands Barbares blancs
En composant des acrostiches indolents
D’un style d’or où la langueur du soleil danse.
L’âme seulette a mal au cœur d’un ennui dense,
Là-bas on dit qu’il est de longs combats sanglants.
Ô n’y pouvoir, étant si faible aux vœux si lents,
Ô n’y vouloir fleurir un peu cette existence !
Ô n’y vouloir, ô n’y pouvoir mourir un peu !
Ah ! tout est bu ! Bathylle, as-tu fini de rire ?
Ah ! tout est bu, tout est mangé ! Plus rien à dire !
Seul, un poème un peu niais qu’on jette au feu,
Seul, un esclave un peu coureur qui vous néglige,
Seul, un ennui d’on ne sait quoi qui vous afflige !